I prezzi del gas ormai scesi ai livelli pre-guerra (ieri 74 euro a MWh al Ttf) hanno forse reso il tema meno drammatico e urgente, ma spingere l'aumento della produzione nazionale per assicurare forniture a costi calmierati alle imprese energivore resta tra le priorità del governo.

Dopo tante false partenze e scarso entusiasmo, scrive Milano Finanza, adesso la riformulazione del Dl Aiuti-quater, approdato ieri alla Camera per l'approvazione definitiva, potrebbe riaccendere l'interesse degli operatori. Un passo indietro è utile per chiarire la complessa vicenda del gas autarchico: a giugno il Gse (Gestore dei servizi energetici) ha pubblicato il bando per raccogliere le manifestazioni d'interesse da parte di una ventina di imprese attive nei giacimenti offshore e onshore che fossero disponibili ad aumentare la produzione per riservarne una parte a una precisa categoria di utenti finali, energivori e pmi, a un costo ridotto ma che comunque garantisse loro un ritorno dell'investimenti (nell'iter del dl Aiuti-quater si è poi deciso di limitarsi ai soli energivori).

Ma l'invito non ha fatto breccia tra i circa 20 candidati, tra i quali Eni, Gas Plus, Energean, etc. Ora, invece, l'interesse potrebbe riaccendersi grazie alle modifiche apportate, perché è chiaro quale contropartita potrà avere chi si farà avanti. Vengono consentite, per esempio, concessioni di coltivazione di idrocarburi nel tratto di mare tra il 45° parallelo e quello passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalla costa superiore a 9 miglia e con un potenziale minerario di gas superiore a 500 milioni mc «a condizione che i titolari aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine». Sempre in deroga ad altri divieti, si consente «il rilascio di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi in zone di mare fra le 9 e le 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, limitatamente ai siti con potenziale minerario di gas superiore a 500 milioni mc». Anche in questo caso, i titolari delle concessioni sono tenuti ad aderire alle procedure di approvvigionamento.

Cosa potrà succedere allora, col sì della Camera al decreto?

«Nelle more delle procedure, dal 1* gennaio 2023 fino all'entrata in produzione delle quantità aggiuntive di gas», si legge nel dl, «i titolari di concessioni che abbiano risposto positivamente alla manifestazione d'interesse mettono a disposizione del gruppo Gse diritti sul gas per un quantitativo, fino al 2024, pari ad almeno il 75% dei volumi produttivi attesi dagli investimenti e, per gli anni successivi al 2024, ad almeno il 50%.

Il quantitativo non deve comunque essere superiore ai volumi di produzione effettiva di competenza». Ci vorranno altri passaggi perché la misura diventi effettiva. Anche se sarà il Gse a predisporre lo schema di contratto, questo dovrà essere approvato dai ministeri dell'Economia e dell'Ambiente e della Sicurezza energetica. Ed è importante sottolineare che la manifestazione di interesse non è di per sé vincolante, fino alla sottoscrizione degli accordi di vendita a lungo termine. Le modifiche normative aprono anche ad altre due concessioni in Alto Adriatico da oltre 10 miliardi di metri cubi in 15 anni con un incremento di gas previsto di oltre 700 milioni di metri cubi annui. Al momento i dati sulla produzione nazionale sono fermi a giugno 2022, con una quota di circa 1,7 miliardi di metri cubi, quasi equamente divisi tra mare e terra. Intanto però sono una trentina le istanze in lista d'attesa per il conferimento di nuove concessioni. Ancora in attesa di via libera risultano, per esempio, Eni, Schlumberger, Aleanna, Po Valley Operations, Sogemont e altri ancora.

alu

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