RISULTATI AL 30 GIUGNO 2020 - La “nuova” INWIT, nata dalla fusione tra INWIT e Vodafone Towers perfezionata il 31 marzo 2020, è il più grande operatore italiano nelle infrastrutture per le telecomunicazioni wireless. La nuova realtà dispone di un parco di oltre 22 mila siti distribuiti su tutto il territorio nazionale e oltre 40 mila tenants; le small cells e i sistemi DAS superano 3.700, con circa 1.150 tratte di backhouling. La Tenancy Ratio è pari a 1,83 volte per sito. I risultati semestrali riflettono il cambiamento di perimetro dopo la fusione con Vodafone Towers, efficace dal 31 marzo 2020 e sono caratterizzati da una performance reddituale positiva e da una solida struttura patrimoniale. I ricavi risultano in crescita del 46,7% da 287,4 milioni e derivano principalmente da 40.500 ospitalità a tutti i principali operatori di telefonia mobile e Fixed Wireless Access del mercato.L’Ebitda si attesta a 259,6 milioni (+51,1%), ed escludendo le componenti one-off relative alla fusione, il progresso diventa del 55,4% rispetto all’anno prima. Gli ammortamenti e svalutazioni assorbono 130,4 milioni (+109,3%) e attestano l’Ebit a 129,2 milioni, il 17,9% in più rispetto al primo semestre 2019. Gli oneri finanziari netti balzano da poco meno di 11,8 a quasi 26,9 milioni; al 30/6/2020 l’indebitamento finanziario netto raggiunge 3.978 milioni (712,1 milioni a fine 2019), e include l’indebitamento a fronte dell’acquisizione di Vodafone Towers. Così il risultato prima delle imposte di posiziona a 102,3 milioni (+4,7%). Dopo imposte pari a 30,6 milioni (tax rate in aumento al 30%), si giunge all’utile netto di 71,7 milioni, in crescita del 3,5% rispetto ai 69,2 milioni registrati al 30/6/2019; al netto delle componenti one-off l’utile netto salirebbe a 76,5 milioni, il 10% in più rispetto all’anno prima.Il patrimonio netto al 30/6/2020 sale a 4.495 milioni, da 1.561,2 milioni a fine 2019.RISULTATI 2019 - Sono positivi i risultati di INWIT nel 2019; la dinamica reddituale è influenzata dall’impatto dell’IFRS 16 e dalla presenza di “one-off” e pertanto il periodo non è perfettamente confrontabile con l’anno prima.La società ha evidenziato un giro d’affari in aumento del 4,5% a 395,4 milioni e tale valore include alcuni proventi “una tantum” per 10,1 milioni (3,9 milioni l’ano prima), al netto dei quali comunque l’incremento sarebbe stato del 2,9%.Quanto ai costi operativi, la spesa complessiva scende da 163 milioni del 2018 a 45,6 milioni, e di questi 10,6 milioni (+14,5%) si riferiscono al costo del personale, a fronte di un numero medio di dipendenti passato da 103 a 118 unità (122 unità a fine 2019). Ciò ha portato ad un Ebitda in aumento da 215,4 a 349,8 milioni (+62,3%) che beneficia dell’effetto dell’IFRS 16; in termini omogenei con l’anno prima l’Ebitda sarebbe ammontato a 226,8 milioni, con un migliorato del 5,3% (+4,9% al netto degli “one-off”) e una marginalità pari al 57,4% (56,9% nel 2018). Dopo ammortamenti e svalutazioni balzati da 15,2 a 130 milioni, l’Ebit ha raggiunto 219,8 milioni (+9,7%); in termini confrontabili con l’anno prima l’incremento sarebbe pari al 4,4% a 209 milioni (+4% al netto degli “one-off”). Il saldo negativo della gestione finanziaria è peggiorato, passando da 4 24,2 milioni, in presenza al 31/12/2019 di un indebitamento finanziario netto salito da 48,3 milioni a fine 2018 a 712,4 milioni, principalmente per l’impatto dell’IFRS 16 (640 milioni); escludendo l’IFRS 16 l’indebitamento finanziario netto ammonterebbe a 72,4 milioni, dopo aver fronteggiato investimenti per 64,8 milioni. L’utile ante imposte si è riallineato al valore dell’anno prima attestandosi a 195,6 milioni (-0,4%). Dopo imposte per 56,3 milioni (tax rate passato dal 28,3% al 28,8%), l’utile netto si è porta a 139,3 milioni, l’1% in meno rispetto ai 140,8 milioni a fine 2018 (-1,7% al netto degli “one-off”); in termini confrontabili sarebbe incrementato del 4% e del 3,5% al netto anche degli “one-off”. |