ISRAELE: Eni&C, ecco i progetti a rischio (MF)
10 Octobre 2023 - 8:50AM
MF Dow Jones (Italian)
ROMA (MF-NW)--Nella galassia energetica globale, Israele occupa
ancora un ruolo satellite, per non dire marginale. Ma le
potenzialità sono alte, ed è la posizione, ancora prima delle
riserve di idrocarburi, che promette di farne un attore
imprescindibile nella scena dell'oil & gas. Leviathan, Karish,
Tamar, l'hub del gas, fino al gasdotto Eastmed sostenuto dalla
Lega, sono i progetti più esposti all'evoluzione della guerra
dichiarata da Israele ad Hamas dopo gli attacchi terroristici su
larga scala del 7 ottobre scorso.
La conferma è arrivata ieri con l'annuncio dello stop del
giacimento offshore di Tamar, che esporta gas verso Giordania ed
Egitto e provvede ai consumi domestici. Sviluppato da Chevron,
Tamar si trova a circa 15 miglia dalle coste di Ashkelon, città nel
sud di Israele finita nel mirino delle milizie. Sorvegliato
speciale resta Laviathan, a circa 130 chilometri dal porto di
Haifa, che al momento sta continuando a funzionare. Imponente come
suggerisce il nome, gli si attribuiscono riserve stimate in circa
605 miliardi di m3 di gas, che ne fanno il più grande del Paese e
un potenziale esportatore, come nei piani di NewMed Energy, che ha
una quota di oltre il 45%. Il 39,9% fa invece capo a Chevron, che
nel bilancio 2022 informa che la produzione in Israele è aumentata
di 257 milioni di barili.
Il premier Benjamin Netanyahu ha già autorizzato il ministro
dell'Energia, Yisrael Katz, a decretare lo stato di emergenza
energetica nel Paese per le prossime due settimane, se necessario.
Il 70% del fabbisogno elettrico di Israele, infatti, viene
alimentato dai grandi giacimenti offshore.
Ma a rischio, alla luce delle implicazioni geopolitiche e in
base alla durata del nuovo conflitto, potrebbe risultare l'intero
disegno di trasformare il Levante mediterraneo da provincia
gassifera a vero e proprio a hub del gas, grazie alle scoperte in
Israele, alle campagne esplorative di Eni & Co a Cipro e in
Libano, e al maxi-giacimento di Zohr in Egitto, operato sempre dal
Cane a Sei Zampe, vera architrave del progetto. L'ad di Eni,
Claudio Descalzi aveva iniziato a parlarne nel 2015 con
Netanyahu.
«Mettendo a fattore comune le risorse future e le infrastrutture
di trasporto e di export di Israele, Cipro ed Egitto, l'area
potrebbe diventare un hub regionale del gas e fornire anche un
importante contributo alla sicurezza energetica europea», si era
detto nell'incontro.
Conseguenze dirette, scrive MF-Milano Finanza, si temono anche
sulla capacità di Israele di continuare ad attrarre ulteriori big
oil, sull'esempio di Chevron e proporsi come Paese esportatore. Di
recente, per esempio, la stessa Eni ha iniziato ad avvicinarsi a
Israele. L'accordo di gennaio 2023, che ha rafforzato la
cooperazione con QatarEnergy e confermato l'interesse esplorativo
nel Mediterraneo orientale, ha portato a una ridistribuzione degli
interessi nei blocchi esplorativi 4 e 9, al largo delle coste
libanesi: Eni 35%, QatarEnergy 30% e TotalEnergies, in qualità di
operatore, il restante 35%. Allo studio c'è lo sviluppo di un
giacimento che si allarghi alle acque israeliane, grazie agli
accordi sui confini marittimi.
Certo è che nelle ambizioni di Israele di farsi esportatore, i
discorsi più avanzati riguardano proprio l'Italia in chiave
post-gas russo. L'allora presidente del Consiglio, Mario Draghi,
aveva iniziato a parlarne nella visita di Stato del giugno 2022 a
Tel Aviv, argomento ripreso poi da Netanyhau con Giorgia Meloni a
Palazzo Chigi, nel marzo scorso.
A proposito, invece, del gasdotto EastMed, Descalzi aveva già
avuto modo di elencarne le complessità. «Il gasdotto tra Israele e
Italia si può fare, ma è un progetto molto complesso sul piano
tecnico e necessita di un accordo con la Turchia su quello
geopolitico».
red
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1008:33 ott 2023
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