ROMA (MF-NW)--Mancano pochissimi giorni all'assemblea di Acciaierie d'Italia del 26 ottobre e oggi, davanti a Palazzo Chigi andrà in scena la protesta dei sindacati che rappresentano gli oltre 10mila lavoratori dell'ex Ilva. Sulla governance del gruppo, controllato per il 62% da Arcelor Mittal, pesa anche la possibile uscita di scena del presidente, Franco Bernabé, che ha rimesso il mandato nelle mani del governo.

Il gruppo, scrive MF-Milano Finanza, è in forte crisi di liquidità, tanto da non poter nemmeno pagare i nuovi fornitori del gas. Scorrendo il bilancio 2022 di Invitalia, il socio pubblico di Acciaierie d'Italia (38%), emerge che i ricavi per 3,9 miliardi di euro sono stati erosi per oltre l' 80% dall'assorbimento di cassa dovuto all'incremento del costo delle materie prime e in particolare del gas, nonostante i 550 milioni di benefici determinati dal credito di imposta del Decreto energivori. Per l'Eni, che ha interrotto i rapporti con Acciaierie d'Italia mesi fa, nel 2022 era stata già emessa una garanzia commerciale di 123 milioni di euro. E oggi i nuovi rincari dell'energia rappresentano un ulteriore aggravio per le casse. Secondo il presidente Bernabè «il quadro generale di sostegno e attenzione del socio pubblico per rendere realizzabile il piano di decarbonizzazione ha trovato un ostacolo nella difficoltà di Acciaierie ad accedere a forme di finanziamento di mercato.

Non avendo la proprietà degli impianti», ha spiegato il manager nell'audizione alla Camera del 17 ottobre, «e avendo l'accordo tra azionisti una durata limitata la società non può finanziare l'ingente circolante con il credito commerciale». Il contratto d'affitto dei rami d'azienda ex Ilva è stato prorogato al 31 maggio 2024, senza un accordo col socio privato non basta. Si guarda all'emendamento al DL SalvaInfrazioni (articolo 9 bis del DL 69/2023) che prevede la possibilità di acquisto, da parte del gestore, degli asset industriali posti sotto sequestro giudiziario e in capo alla Amministrazione straordinaria, ma il fattore tempo è cruciale. «Questo decreto consentirà in futuro, se non interverranno altre difficoltà, un finanziamento autonomo dell'impresa», spiega Bernabè. «Si tratta però di una prospettiva di lungo periodo che non contribuisce a soddisfare le stringenti esigenze finanziarie della società nel brevissimo periodo».

I negoziati che il governo ha avviato direttamente col socio privato Arcelor Mittal per verificarne la disponibilità a sostenere il piano di rilancio, infatti, non sono ancora arrivati a una conclusione. L'altra ipoteca sul futuro riguarda la riforma europea del sistema di scambio delle quote di emissione Ets (Emission Trading System) di CO2. Dal 2026 si abbasseranno le quote gratuite di certificati verdi che Acciaierie d'Italia deve possedere per produrre con gli impianti attuali. Senza l'apporto della controllata Dri d'Italia, senza forni elettrici e cattura della CO2, il sito di Taranto dovrà perciò acquistare i certificati verdi con un aggravio di costi al momento insostenibile.

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