Di Roberto Sommella

L'ultima notizia dal fronte Italia-Europa racconta di una certa perplessità a Bruxelles sul decreto legge che rivede 'organizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Secondo quanto apprende MF-Milano Finanza dai rumors in Commissione, lo schema di provvedimento di urgenza messo a punto dal ministro delle Politiche Europee Raffaele Fitto ha suscitato qualche perplessità sulla revisione della tempistica e delle competenze del mega-piano da oltre 200 miliardi di euro su cui il Paese punta fortemente per rilanciare l'economia.

Probabilmente il nuovo Pnrr, che accentra in una nuova struttura di missione a Palazzo Chigi la cabina di regia e istituisce necessari poteri commissariali per mettere in cantiere le opere, riceverà la luce verde. Ma sull'altare della burocrazia comunitaria l'Italia dovrà dare in cambio il via libera alla riforma degli aiuti di Stato, fortemente voluta dalla Germania per rispondere al piano del presidente americano Joe Biden sul sostegno all'economia a stelle e strisce, progetto che rischia di punire uno Stato iper-indebitato come la Penisola.

Ma la politica è fatta di compromessi, anche fuori dai confini nazionali. Il vero problema è che la premier Giorgia Meloni e il suo governo cominciano ad avere molti fronti aperti con l'Unione Europea che rischiano di arrecare danno alle posizioni che la seconda economia manifatturiera del Vecchio Continente legittimamente esprime. Se il Pnrr rivisto e corretto, anche dal lato dei costi esplosi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, riuscirà a prendere il largo, è invece da capire come si concluderanno tre bracci di ferro con l'euroburocrazia in merito ad altrettanti settori nevralgici dell'economia italiana: auto, edilizia e vino.

Ultimo terreno di scontro è quello sulla decisione dell'Unione di far produrre solo auto elettriche dal 2035, scelta che di fatto prende in contropiede non tanto il Paese che ha visto nella Fiat (ora Stellantis) un perno fondamentale del proprio sistema industriale ma un'intera compagine di aziende che lavorano nell'indotto, dai freni alle marmitte alla componentistica. Il ministro del Made in Italy Adolfo Urso prima ha tuonato - come il vicepremier Matteo Salvini - contro le regole della Commissione di Ursula von der Leyen, poi ha dovuto fare i conti con la scarsità di colonnine elettriche sul territorio nazionale, così come il suo collega Gilberto Pichetto Fratin dovrà affrontare la necessità di arrivare al 2035 con un sistema energetico aggiornato e in linea con i nuovi standard ambientali.

Analogo discorso può essere fatto su quali iniziative concrete sempre Salvini, in qualità di ministro delle Infrastrutture, prenderà per tutelare dalla direttiva sulle case green milioni di italiani che per via di quella decisione europea rischiano di pagare migliaia di euro per ristrutturare la propria abitazione, spesso unica fonte di risparmio. E non diversamente si può dire della battaglia che il titolare del dicastero della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida sta portando avanti sulla difesa delle etichette e del cibo italiano: avrà successo o sarà solo un episodio?

Oltre alle proteste che il governo Meloni avanza giustamente a tutela degli interessi nazionali serve anche una strategia industriale che si faccia valere a Bruxelles e dintorni. Le prime sono evidenti, la seconda latita ancora. Ma in Europa le parole, anche se urlate, ottengono pochissimi risultati, così come i pugni sul tavolo. Servono più azioni concrete.

red

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MF-DJ NEWS

1608:49 feb 2023

 

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