Il tentativo di far saltare il regolamento che dal 2035 fermerà la vendita di auto a benzina e diesel, aprendo così l'era elettrica della mobilità in Europa, per il governo Meloni non è solo un modo per iniziare la campagna elettorale per le europee 2024 sul fronte caldo delle quattro ruote. E' anche un modo, tra ritardi, dubbi e inciampi, per nascondere ciò che il governo non ha ancora fatto per sostenere il comparto.

Il ministro alle Imprese e al Made in Italy Adolfo Urso, dopo il tavolo automotive di inizio dicembre e una riunione su Stellantis del 14 febbraio, si legge su Repubblica, non ha ancora presentato una proposta su come riorganizzare gli incentivi per l'acquisto delle auto nuove. E se si parla di politiche industriali le misure e i fondi (8,7 miliardi fino al 2030 di cui 2,25 per gli incentivi) sono quelli di Draghi. "I bonus devono sostenere la produzione industriale delle auto in Italia", ha detto più volte Urso, riferendosi anche alla quota (40%) di incentivi presi nel 2022 da Stellantis, società partecipata da Exor che controllaRepubblica.

Un principio difficile da attuare. Il ministro non ha nemmeno redistribuito i soldi avanzati nel 2022: 250 milioni di euro che andrebbero a rimpolpare lo stanziamento 2023, 630 milioni, già deciso dall'esecutivo Draghi. Il totale dei fondi, 880 milioni, riattiverebbero, almeno in parte, la dotazione per gli incentivi per l'acquisto delle auto a benzina e diesel a basse emissioni: i 150 milioni messi sul piatto si sono esauriti in meno di un mese. Il ministero dovrebbe rendere anche più appetibili gli incentivi per le vetture a batteria e ibride plug-in. "I bonus per i veicoli green non decollano, vanno rivisti", dice Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, sigla che raccoglie le concessionarie. Anche i costruttori la pensano la stessa cosa. Il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, lo ha ripetuto alla presentazione dei dati 2022: "servono incentivi più pesanti per rendere le auto elettriche accessibili alla classe media". Un sostegno che darebbe slancio alla ripresina in atto: a febbraio più 17,5% di immatricolazioni rispetto al 2022, nel bimestre +18,25%, ma sul 2019 meno 24,7%.

"Vanno recuperati i ritardi sulle infrastrutture, come le colonnine", rimarca Michele Crisci, numero uno di Volvo in Italia e dell'Unrae, l'associazione delle Case estere. Sugli incentivi per realizzare nuovi punti di ricarica il governo è fermo. Dal 5 ottobre, data della pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, non si hanno più notizie del bonus (40 milioni) dedicato ai condomini e ai private. Misura decisa dal governo Draghi ad agosto 2022: copertura l'80% della spesa per l'acquisto e l'installazione per un massimo di 1.600 euro, se è un intervento di un privato, o 8.000 se è del condominio.

E rischiano di essere un flop i bandi legati alla prima tranche di fondi Pnrr, in tutto 713 milioni di euro, per installare 21 mila colonnine su strade urbane ed extraurbane. Intervento che fa capo al ministro all'Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. La prima assegnazione di 237 milioni scadrà al 30 giugno. "Tra ritardi e necessità di autorizzazioni - dice Francesco Naso, segretario di Motus-E, associazione delle imprese che si occupano di mobilità elettrica - non si farà in tempo. E poi è sbagliato il concetto: perché privilegiare le pompe di benzina? Ricaricare l'auto non è come fare rifornimento". La scorsa settimana è stata lanciata la 'piattaforma Retrofit' dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti guidato da Matteo Salvini: 14 milioni e un contributo del 60%, massimo 3.500 euro, per trasformare l'auto a benzina in elettrica. Tutto bene? No. Termine della spesa: 31 dicembre 2022. Si spera in una svista.

cos

 

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March 02, 2023 03:05 ET (08:05 GMT)

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