Il solo fatto di essere presenti in Argentina va ormai
considerato "fattore di rischio" per tutte le aziende italiane. A
sostenerlo sono gli analisti di Intermonte, all'indomani
dell'esproprio ai danni del braccio argentino di Repsol, Ypf,
annunciato ieri dal governo di Buenos Aires. "Il pericolo sembra
essere al momento circoscritto alla situazione specifica di
Repsol-Ypf, che aveva una posizione dominante nel Paese", dicono
dalla banca d'affari. "Tuttavia e' una decisione grave che apre un
periodo di incertezza. Non ci aspetteremmo rischi di
nazionalizzazione delle imprese italiane, ma la presenza in
Argentina e' un fattore di rischio".
Il riferimento, scrive MF, e' alle varie Telecom, Tenaris,
Pirelli & C., Brembo e alle tante altre aziende italiane in
affari con Baires. Chi invece ha gia' iniziato a ridimensionare la
presenza in Argentina e' Eni, almeno per la parte
exploration&production, sicuramente quella piu' esposta agli
strali della Casa Rosada.
In particolare, il gruppo guidato da Paolo Scaroni nel corso del
2011 ha messo in liquidazione la controllata Eni Lubricantes
Argentina e al momento detiene una quota del 30% nei due permessi
Octans-Pegaso e Tauro-Sirius, localizzati nel sud del Paese nella
Terra del Fuoco. Il restante 70% e' suddiviso tra Wintershall e
Total. Le concessioni, marginali per Eni, ricadono in parte
nell'agguerrita Provincia di Santa Cruz, una delle prime ad aver
messo in pratica l'invito della Casa Rosada a verificare i business
plan delle compagnie petrolifere e, nel caso, a espropriare le
licenze. Il governatore di Santa Cruz, Daniel Peralta, e' quello
che nei giorni scorsi ha scritto, in un minaccioso documento
inviato anche a Repsol-Ypf, che "si stanno analizzando gli
investimenti in tutte le aree detenute dalle imprese petrolifere
estere". A partire, addirittura, dal 2006. red/ofb