Con l'elezione a presidente della Fondazione Crt, Fabrizio Palenzona, uno dei grandi vecchi della finanza italiana, è tornato sotto i riflettori. E a quasi 70 anni l'ex politico alessandrino, sindacalista, banchiere e presidente di associazione di categoria (Conftrasporto, Aiscat, Assaeroporti) si prepara a tessere ancora le fila delle principali partite del risiko del potere finanziario del Paese. Ma non solo. Non che negli ultimi anni l'attuale presidente anche di Prelios non lo abbia fatto. Anzi pare che nell'estate rovente degli scontri nell'azionariato delle Generali, lo stratega Palenzona abbia "ispirato" un pranzo romano mettendo allo stesso tavolo i due contendenti Francesco Caltagirone e il ceo di Mediobanca Alberto Nagel. Lo scopo? Trovare una quadra sul rebus della riconferma per Philippe Donnet, una quadra che poi non arrivò.

Chi lo conosce sa che Palenzona è arrivato alla cabina di regia di Fondazione Crt con l'ambizione di riportare l'ente ai fasti del passato. Grazie alle sue abilità da ex democristiano è riuscito a imporre la sua candidatura contro Giovanni Quaglia, criticato da molti per aver limitato a un ambito locale l'influenza dell'ente torinese. Crt conta su un portafoglio di quote nelle partecipate al centro dei grandi snodi della finanza. È la terza fondazione di origine bancaria per patrimonio investito (3,25 miliardi) ed è una stanza dei bottoni per partecipare ai destini di Unicredit (quota dell'1,9%), Banco Bpm (1,8%), Generali (1,61%) fino a Cdp (1,5%). A Piazza Affari, anche dopo le recenti mosse di Caltagirone nel capitale del Banco Bpm rivelate da MF-Milano Finanza, si continua a speculare sulle mire di Unicredit su Piazza Meda, ma il primo dossier sul tavolo dell'ente sabaudo sarà invece quello relativo alla governance del Leone. Per il 28 aprile c'è in agenda l'assemblea con all'ordine del giorno, oltre all'approvazione del bilancio, anche la nomina del collegio sindacale, e di sicuro qualcuno guarderà al voto di Crt per cercare di cogliere differenze rispetto alla gestione di Quaglia. L'ex numero uno della Crt è stato messo nel mirino da alcuni consiglieri di espressione palenzoniana per aver nettamente schierato la fondazione piemontese, con tanto di patto parasociale, in un'aspra battaglia fra big della finanza italiana per il controllo della compagnia triestina: Mediobanca e gruppo De Agostini da una parte e Caltagirone, Del Vecchio, Benetton e Crt dall'altra. Palenzona era contrario a far vestire all'istituzione fondazione i panni non consoni dell'investitore iper-attivista. Storicamente vicino a Mediobanca ma in buoni rapporti anche con il costruttore romano, c'è da scommettere che da qui in avanti il banchiere alessandrino ricollocherà l'ente su una posizione di maggiore neutralità, ritagliandosi il ruolo che più gli si addice, quello del "padre nobile".

È evidente che proprio puntando sulle sue relazioni consolidate c'è chi immagina che una sponda con Caltagirone (ora all'1,1% del Banco) potrebbe essere utile a Crt per promuovere quel consolidamento bancario fra le milanesi Unicredit-Bpm a cui Palenzona ha subito aperto nella prima uscita da presidente dell'ente. La fusione avrebbe senso industrialmente "e quindi resta la valenza strategica dell'operazione", ha spiegato il banchiere in un'intervista. Fra i promotori del patto in Bpm che ha riunito le altre fondazioni socie (Lucca,Trento e Rovereto e Alessandria) e le casse di previdenza (Enpam, Cassa forense e Inarcassa) c'è proprio Crt. E alla luce dell'autorevolezza del presidente e del peso specifico assunto nelle rispettive governance, la fondazione potrebbe spendersi per creare consenso in un ruolo da pivot tra gli azionisti storici delle due banche sull'ipotesi di un'aggregazione.

Non solo ma come fatto in passato in Unicredit, Palenzona potrebbe anche recuperare lo storico rapporto con Cariverona, non più saldo come un tempo. Tutto questo per segnalare il ruolo potenzialmente centrale di Crt, anche se dopo la fiammata di indiscrezioni degli ultimi giorni, il dossier sembra si sia nuovamente raffreddato. Quel che è certo è che Palenzona farà le cose in grande, cercando di riportare la Fondazione sia a contare sul panorama nazionale sia ad assumere anche un respiro internazionale. Nel primo caso è immaginabile che il neo presidente rispolvererà l'idea della creazione di campioni nazionali. Si è spesso parlato di fusione fra grandi enti del Nord Ovest e quindi perché non fantasticare circa un'alleanza tra Crt e Compagnia di San Paolo, asse che proietterebbe il sistema economico-politico di Torino ai piani alti delle strategie della nazione. Quanto invece allo sguardo oltre confine, la nuova visione probabilmente porterà l'ente a valutare una diversificazione del portafoglio delle partecipazioni, da sempre nel dna del neo presidente, che potrebbe condurre a nuovi investimenti in società estere. Il percorso di crescita di Crt passerà anche per la corsa alla guida dell'Acri, dove tra un anno scadrà il mandato di Francesco Profumo. Forse anche per questo, come sussurrano a Torino, Giuseppe Guzzetti avrebbe sperato fino all'ultimo che il manager di Tortona non riuscisse a conquistare la presidenza di Crt. Eppure c'è chi vede nell'approdo di Palenzona alla guida dell'associazione delle fondazioni e delle casse di risparmio come un passaggio nell'ordine naturale delle cose, per quanto non scontato. Un passo che peraltro potrebbe portare gli enti bancari di minori dimensioni ad avere più voce in capitolo sulle decisioni di sistema.

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