Azimut: l'arte della gestione (Mi.Fi.)
09 Octobre 2023 - 9:34AM
MF Dow Jones (Italian)
ROMA (MF-NW)--"Se fin da bambino sognavo di occuparmi di
risparmio? No guardi, io quando ero piccolo avevo due alternative
che mi piacevano molto: direttore d'orchestra oppure psichiatra.
Non so se occupandomi di risparmio abbia sublimato parzialmente
questi due sogni». Per Pietro Giuliani, fondatore e presidente di
Azimut, uno dei più affermati gruppi italiani attivi nell'industria
del risparmio gestito, lavorare in questo settore non era
l'aspirazione principale. Ma le cose cambiano e oggi lo si può
considerare uno dei protagonisti di questo mondo, non solo a
livello italiano visto che ha portato il marchio Azimut in diverse
parti del mondo.
Domanda. E quindi come ha cominciato?
Risposta. "Ho cominciato perché ero un po' impaziente. Lavoravo
in Iveco e secondo me facevo carriera troppo lentamente. Avevo 28
anni, ho risposto a una pioggia di annunci e mi è capitato di
essere selezionato. Da quel giorno sono trascorsi quasi 40 anni da
quando mi occupo di risparmio".
D. Quando lei ha cominciato il risparmio era appannaggio di
poche realtà e il risparmiatore voleva soltanto titoli di Stato.
Era più difficile?
R. "Mi ricordo che all'epoca un Bot rendeva dal 15 al 20%
all'anno, per cui con l'equivalente di 100.000 euro di Bot si
pagava l'affitto di un'abitazione da 100 metri quadri. Quando poi
la forbice dei tassi si è ristretta si è passati all'affitto di un
box o di un garage in una grande città. E quindi il risparmio
gestito è esploso perché di fatto, oltre ai titoli di Stato c'erano
solamente risparmio postale e certificati di deposito".
D. Quando l'industria del risparmio è decollata?
R. "Quando le banche hanno cominciato a realizzare una parte dei
loro ricavi con le commissioni e quindi hanno cominciato d entrare
nel risparmio gestito. La distribuzione, a parte quella delle reti
di consulenti finanziari che non erano troppo grandi in Italia, è
diventata appannaggio delle banche diciamo per il 90%. Alla fine,
quando sono aumentati i tassi, i fondi obbligazionari,
principalmente collocati dalle banche, hanno subito perdite in
conto capitale. Le reti di consulenti finanziari che collocavano
più prodotti azionari e bilanciati, hanno tenuto meglio. E così è
arrivata la svolta".
D. Una maggiore indipendenza tra le sgr e le banche potrebbe
aiutare? R. "Non sono mai riuscito a essere un simpatizzante per le
limitazioni del mercato. Io credo che se c'è un mercato bisogna
lasciarlo libero. Va regolamentato con intelligenza e con
competenza, ma deve essere lasciato libero. Se c'è un buon
management in una banca, che capisce l'asset management, è giusto
che lo possa fare".
D. Distribuzione, commissioni e performance. Qual è la sua
priorità?
R. "Nella performance sono già incluse le commissioni pagate.
Quindi la performance netta è l'unica cosa che interessa al
cliente. Se una società riesce a dare una performance netta
superiore alle altre, indipendentemente dei costi che applica, è la
società dove investire con maggior quantità i propri risparmi. Sono
oltre 25 anni che Azimut mediamente ogni anno rende al cliente l'1%
netto in più dell'indice del risparmio gestito italiano".
D. E con quali risultati?
R. "Abbiamo sempre cercato di tenere allineati gli interessi del
cliente con quelli del consulente finanziario e gestore, che sono
anche azionisti e clienti di Azimut. Da quando noi ci siamo
quotati, come rendimento assoluto, cioè performance più dividendi,
siamo il terzo titolo della borsa italiana. Meglio di noi Brembo e
Recordati. Posso dire che, a differenza degli altri nostri
competitor che si occupano di risparmio in Italia, noi abbiamo il
45% delle nostre masse raccolte da clienti fuori dall'Italia".
D. Preoccupato dalla forbice tra il gestito e
l'amministrato?
R. "Io trovo giusto che uno Stato come l'Italia possa finanziare
il suo debito pubblico con emissioni dedicate al retail e che il
risparmiatore possa scegliere strumenti come il Btp Valore. Ritengo
però che si possano scegliere insieme anche altri prodotti, tra cui
gli alternativi come private equity, private debt o venture
capital, che storicamente rendono tra l'8 e il 10%, quindi sopra il
5% dell'inflazione".
D. Perché alla fine il risparmio non viene indirizzato al
sostegno dell'economia?
R. "Per pigrizia mentale, nel senso che chi ha risparmi
accumulati preferisce delegare alla banca ogni decisione.
Potrebbe essere molto più semplice avere un professionista del
risparmio, che può anche lavorare in banca ma sicuramente si trova
anche nelle reti di consulenti finanziari, il quale a seconda degli
obiettivi, consiglia come investire. In questo modo si può
investire molto meglio, ma soprattutto correre meno rischi. Le
faccio l'esempio di Crédit Suisse, una banca tra le principali al
mondo. Nessuno avrebbe previsto il suo epilogo. Quello che è
successo insegna che prendere e delegare completamente a qualcuno
la gestione del proprio risparmio può non essere la scelta
migliore".
D. L'educazione finanziaria a scuola quanto aiuta?
R. "Tantissimo e credo che l'inserimento dell'educazione
finanziaria a scuola per gli studenti più giovani sia l'unico
sistema per far fare il salto al Paese".
D. E più donne nel settore?
R. "Credo che la scarsa presenza sia un retaggio storico. In
Irlanda i due presidenti delle nostre società sono donne con
incarichi esecutivi. In Messico abbiamo un presidente e
amministratore delegato che è donna. In Italia abbiamo un
amministratore delegato della società di distribuzione e di
gestione che è donna. È chiaro che sono di meno perché sono partite
vent'anni fa, quindi poco alla volta stanno aumentando. Non credo
che le quote rosa possano essere la soluzione decisiva".
D . Cosa dice un "maestro del risparmio" ai risparmiatori?
R. "Cercate di rendervi disponibili a dire i vostri obiettivi e
non abbiate paura, perché due cose limitano quello che può
succedere ai vostri soldi: la vostra pigrizia mentale e la paura
delle perdite. Bisogna dare tempo agli investimenti e avere le
persone giuste di cui fidarsi".
alu
fine
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